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SUL VULCANO PIU' ALTO D'EUROPA |
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Dal centro abitato di Nicolosi, procedendo per est, nord-ovest, si può comodamente intraprendere questo viaggio alla scoperta della civiltà del grande vulcano. Forse, non a caso, questo sito, sorto verso il 1200, raccolto intorno al convento benedettino di S. Nicola, viene chiamato Porta dell'Etna. Adeguatamente attrezzato per la sua vocazione turistica, apre il passo a Pedara, cittadina sorta su un primitivo insediamento greco-siculo, il cui nome deriva dal toponimo Lapidaria. Qui, infatti, sorgono grandi cave di pietra alle quali, per contrasto, si affianca la secolare pineta della Tarderia e, da qui, raggiungere in successione, Trecastagni, S.Alfio, Zafferena Etnea e Linguaglossa, è quasi una passeggiata. Trecastagni è dominata da una magnifica cattedrale barocca alla quale si accede da una sontuosa inconsueta scalinata, tutta disegnata su irregolarità spaziali che, nella loro sintesi geometrica, sembrano nascondere le chiavi di lettura di antichi segreti esoterici. Il tempo sembra essersi fermato. La floreale allegria del Liberty segna case e strade mentre il verde riposante dei cedri secolari si scontra con la macchia assolata della ginestra. I luoghi, qui intorno, come Viagrande, furono le mete preferite delle villeggiature della grande nobiltà etnea. I Biscari, i Paternò, gli Emmanuel, vi eressero le loro magnifiche dimore mentre, gli Eveline, rappresentanti della ricca borghesia anglo siciliana, preferirono Zafferana Etnea ove, tra boschi di palme e magnolie è ancora, perfettamente conservata ed oggi acquisita ai beni pubblici, la loro bellissima villa. S.Alfio è una meta d'obbligo per quanti desiderino vedere questo stupefacente fenomeno della natura che è il millenario castagno dei cento cavalli. Vuole, un'antica leggenda che, al riparo delle sue fronde abbiano trovato scampo, da una tempesta, la Regina Giovanna d'Angiò con il suo seguito di 100 cavalieri e di 100 cavalli. Linguaglossa, certamente il centro sciistico più importante della Sicilia, segna l'inizio del percorso a nord ovest sulle pendici dell'Etna. Dalla località di Piano Provenzano, si dipartono 20 km di piste modernamente attrezzate con impianti di risalita che conducono sino ai 1880 metri d'altitudine. Ottimi tutti i servizi a disposizione degli appassionati di sci, compreso quello offerto dal CAI per quanti desiderassero attaccare, in maniera impegnativa, la cima del Vulcano. Da qui, non trascurando una visita alla bella cittadina medievale di Castiglione di Sicilia, nota per i suoi merletti e per il castello dalle elegantissime bifore trecentesche, si raggiunge Randazzo inoltrandosi già sul versante ovest del monte e dei suoi centri abitati. La mitologia vuole che sia stato il gigante Piracmone, aiutato dai suoi fratelli Bronte e Sterope a fondare questa cittadina nella quale, stirpi diverse, si sono mescolate, nel corso dei secoli, dando vita ad una rara armonia. Greci, latini, normanni, svevi, angioini, aragonesi e longobardi, hanno impresso nelle cose, nella lingua e negli uomini di questa città, quel segno dell'essere che si è tramandato, incontaminato, sino al presente. La fastosa ricchezza dell'architettura locale, diversificata tra puro stile medievale, di linguaggio svevo e fastosità barocca, di accento aragonese, deriva dal fatto che Randazzo fu, in tempi lontani, il punto di transito e di sosta delle carovane della seta che facevano la spola tra Palermo e Messina, percorrendo le strade interne della Sicilia che, sebbene impervie, consentivano di sottrarsi alle incursioni dei pirati saraceni usi, in quei tempi, a battere le coste tirreniche della Sicilia. E, qui, Carlo V, nel 1536 giunse e si fermò ammaliato da tanta bellezza, non mancando, alla sua partenza, di elargire fondi e donativi, per arricchire di maggior gloria la splendida chiesa di S. Nicolò che, con la basilica sveva di S.Maria e la chiesa di S.Martino, coronano di maestà questa leggiadra cittadina medievale. A pochi chilometri da qui è Bronte, adagiata sul ripido pendio che guarda la valle del Simeto. Nota per la preziosa produzione del pistacchio, lo è, forse, ancor di più, perchè, ad essa, è legato il nome dell'Ammiraglio Orazio Nelson. All'eroe di Abikir, fu infatti donata, da Ferdinando III di Borbone, ultimo Re di Sicilia, la Ducea di Maniace col ricchissimo Parco ed il Castello sul quale, sino a qualche anno fa, prima che il Comune l'acquisisse dagli eredi dell'Ammiraglio, sventolava la bandiera britrannica. Ad Adrano troviamo il compedio di tutte le civiltà susseguitesi in questi luoghi. Nel suo Museo Archeologico sono presenti le testimonianze dei 5000 anni di storia che sono alle spalle della città e, nel lontano intorno dei quali, si colloca il primato di un governo democratico che, con la guida di Timoleonte, nel 344 a.c. condusse gli adraniti all'indipendenza, a battere moneta, a sviluppare i loro commerci, prima di ricadere sotto il dominio dei Siracusani, di Pirro, poi, e successivamente, delle legioni romane di Messala. Dopo la presenza dei bizantini e arabi, Adrano passò al Regno Normanno e, nel 1070, dal Gran Conte Ruggero fu elevata al rango di Contea ed assegnata alla nipote Adelasia. A quel tempo risale la costruzione del poderoso castello nelle sale del quale ha oggi sede l'importante Museo Archeologico. Ma, il fascino di questa città, è dato dalla molteplicità dei suoi aspetti, ove, l'eleganza dell'architettura rinascimentale, mitiga la ricchezza ed il fasto delle costruzioni barocche, mentre, la presenza di grandi parchi, conduce gli occhi a riposare sulle mille sfumature della vegetazione. Su Paternò, l'antica Hybla Major, detta anche "Città Fertilissima", si conclude il nostro itinerario e ci accingiamo a scendere nell'antica vallata alluvionale del Simeto, nella quale è oggi adagiata la splendida Piana di Catania, per dirigerci verso il Calatino. Alle spalle ci lasciamo un altro Castello Normanno, la cui mole minacciosa s'affaccia da Paternò sulla Piana. E' un immane parallelepipedo di pietra lavica, senza torrioni e senza baluardi, la cui compatezza delle pareti è rotta solo dalla asimmetria delle finestre. Da qui, la Regina Bianca di Navarra, emanò le sue leggi, mentre, a pochi chilometri da esso, a Motta S.Anastasia, il suo fedele Ammiraglio, Sanho Ruys de Rihori, in un altro inespugnabile castello, tutt'ora esistente, imprigionava il vecchio e superbo giustiziere del Regno, Bernardo Cabrera, che coniugando astutamente le ragioni del cuore con quelle del potere, aveva osato aspirare al Regno di Sicilia.
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