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IL TERRITORIO ETNEO |
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Il massiccio etneo, la cui storia si perde nei primordi del mondo, quando, 600 mila anni or sono, immani eruzioni colmarono di materiale l'immenso golfo dal quale, per successivi eventi eruttivi, emerse e si stratificò l'Etna, costituisce oggi, il Parco Vulcanologico più importante e più bello d'Europa. Oltre i 2000 metri, degli attuali 3323, che segnano la vetta di questo monte, che Pindaro definì "Colonna del Cielo", i naturalisti collocano l'unico ambiente integro, dell'intera Sicilia, nel quale l'uomo è elemento estraneo, o al più, transitorio e nel quale, gli individui colonizzatori delle quote più basse dell'ambiente lavico, come l'istrice, la martora, la volpe, il picchio rosso e la coturnice, vivono e si riproducono, nell'incontaminato equilibrio della natura di questi luoghi. Tra i 1300 ed i 2100 metri di questo Eden, dove i castagneti cedono il passo a faggi maestosi, allignano, caso unico in Sicilia, il pino laricio calabrese e la betulla, mentre, sul degradare dei generosi fianchi del monte, verso il mare, frutteti rigogliosi precedono vigneti, uliveti ed agrumeti che si dissolvono tra la ricca vegetazione subtropicale ed i pini che punteggiano la splendida costa jonica. Nell'area del Parco dell'Etna, ricadono 18 comuni del territorio, provinciale, che sono la sede naturale della testimonianza e della conservazione, di quella cultura antica che, sviluppatasi nel corso dei secoli, è rappresentativa del costante rapporto dialettico del quale è nata, e si è perpetuata, sino ai nostri giorni, la grande civiltà delle genti di questa Montagna. Il massiccio dell'Etna, circoscritto, a nord, dal fiume Alcantara, famoso per la drammatica ed inquietante bellezza delle sue gole é lambito a sud, dal Simeto che, dopo aver dato luogo alle immense vallate alluvionali, che oggi accolgono la fertilissima e ridente Piana di Catania, e dopo aver superato zone palustri e dune sabbiose, si getta nello Jonio. Ed è proprio la foce di questo fiume, l'Oasi del Simeto, nella cui area di riserva ricade anche lo Stagno del Gornalunga, una delle più interessanti aree protette che, con quelle del Fiumefreddo, della Timpa e del già citato Parco dell'Etna, costituisce, con la sua recente istituzione, promossa dall'Amministrazione Provinciale di Catania, uno dei 4 punti cardine per i flussi del turismo naturalista ed ambientalista ed un sicuro riferimento per gli studiosi che, nell'area protetta, di queste quattro riserve, possono trovare il compendio di quella che è la Storia Globale del territorio provinciale. Infatti, se l'Oasi del Simeto riveste importanza dal punto di vista ornitologico, costituendo l'ambiente ottimale per molte specie di uccelli, la folaga ed il fratino, che nidificano nelle zone degli stagni e degli acquitrini dei rami morti del fiume, tra i gigli d'acqua, le canneggiole e le tamerici, e l'entomofauna è rappresentata da specie rare e da endemismi, completamente diverse, ma altrettanto interessanti e suggestive, sono le caratteristiche delle altre due riserve orientate presenti in questo territorio. La Timpa, digitazione lavica dell'Etna, oggi colonizzata dalla vegetazione, è un suggestivo costone roccioso che, sorgendo parallelamente alla costa, per un centro tratto si addentra, successivamente, tra gli agrumeti della campagna di Acireale, alzandosi, progressivamente, di quota. Durante il suo percorso, da Capo Mulini, a S. Maria La Scala, essa supera, in alcuni punti, i 100 metri, mutandosi in un'alta rupe strapiombante sul mare, mentre, altrove, come avviene lungo la spiaggia di S. Tecla, lascia davanti a sé una bassa costa ciotolosa, costituita dalle propaggini delle correnti laviche che si sono spinte sino al mare, allargando il litorale originario. La Timpa costituisce, dunque, una unità di grande importanza geologico naturale e quale complessa struttura, la faglia e gradinata, che, partendo dal cratere centrale dell'Etna, degrada, sul versante orientale di esso, verso il mare, sino a raggiungerlo. Da un punto di vista vegetazionale, le lave della Timpa si presentano ricoperte dalla macchia mediterranea, ricche di essenze quali l'euforbia, l'olivastro e l'alloro. Un discorso a parte merita la riserva del Fiumefreddo, che, nel suo brevissimo e tortuosissimo percorso, appena 1,5 Km, incastonato tra i confini dei territori di Calatabiano e Fiumefreddo, sfocia nel mare, con un piccolo delta. Caratterizzato da una bassissima temperatura dei suoi flutti, e dalla loro elevata purezza, presenta aspetti unici, tra tutti gli altri fiumi siciliani. La sua vegetazione sommersa è tipica dei fiumi dell'Europa Centrale, talché, il Rammuculetum Fluitans, presente nelle sue acque, è, qui, alla stazione più meridionale della sua diffusione. Ricchissima è, anche, la vegetazione ripariale che, oltre ad una colonia di Cyperus Papirus, vede un bosco di noce americana ed una colonia di elegantissimi pioppi neri. Nelle fresche acque di questo fiume, vive la trota, e lungo il corso secondario di esso, sono presenti due allevamenti nei quali è praticata la pesca sportiva di questo delicatissimo pesce. Ma, se la natura che qui, talvolta, non ha avuto pietà per gli uomini, incalzando con eruzioni e terremoti le loro civiltà, è stata generosa, pur nella logica dissipatrice che ne guida i grandi eventi evolutivi, gli uomini, di questa terra, sono stati i suoi geniali antagonisti, i veri protagonisti della Storia dei luoghi di questo territorio. Civiltà antichissime, anteriori agli insediamenti greco-romani, hanno, qui lasciato il loro segno, perfettamente leggibile, nei reperti appartenenti alla protostoria ed alla storia, custoditi oggi, presso il Museo di Adrano. Attraverso questi, è stato possibile storicizzare, in questo territorio, l'esistenza di una popolazione siceliota, economicamente e socialmente organizzata ed evoluta, religiosamente famosa per il culto del dio Palico o Adrano, in onore del quale fu elevato un tempio custodito da mille cani cirnechi. Virgilio, accenna ad un giovine, figlio di Arcente, educato in un bosco presso il fiume Simeto ov'era, aggiunge, "l'ara pingue di Palico". Un'ulteriore conferma, questa, all'esistenza in età sicula, ed in quella successiva, siculo greca, della città di Adranon, località nella quale sorgeva, appunto, il tempio dedicato al culto di questo famoso dio. Dalla lontananza di quel tempo, a quello più vicino alla nostra memoria, qui è stato tutto un susseguirsi di civiltà successive che, per progressive stratificazioni, hanno segnato, delineandone una singolare fisionomia storica ed artistica, l'intero territorio. Dalle severe minacciose architetture medievali di castelli e chiese, all'ineguagliabile sinfonia barocca dei tanti centri di questa provincia, sino alle suggestive zone interne del Calatino, dominate da quella gemma sontuosa di scintillanti maioliche che è la città di Caltagirone, la Faenza del Sud, non è troppo dire che, difficilmente, esiste un territorio nel quale, come in questo, complessità e diversità si fondono armoniosamente, per dispiegarsi nella meraviglia che ogni probabile percorso suscita.
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